Vi racconto la mostra di Sigmar Polke a Venezia
15 Settembre 2016
L’artista
Sigmar Polke è nato nel 1941 a Slesia, lascia la Germania dell’est nel 1953 per andare in Germania dell’ovest.
Conosce Gerhard Richter e Konrad Lueg con i quali, influenzati dal gruppo Fluxus, costituiscono un gruppo con un’arte fortemente caratterizzata dall’aspetto politico ma che corrisponde a una risposta europea alla Pop Art americana. Questo rimando all’arte pop è evidente nei primi lavori che hanno come soggetto gli oggetti simbolo del miracolo economico tedesco, in critica al capitalismo, che vengono rappresentati ingranditi come fossero estratti da un giornale di attualità: il retino grafico si dilata e Polke realizza il pattern dipingendolo a pennello, a mano sulla tela, trasformano un frammento di quotidianità in un elemento astratto.
Polke muore nel 2010 a Colonia e dopo le recenti retrospettive al MOMA di New York, alla Tate Modern di Londra e al Museum Ludwig di Colonia, anche Venezia, città con la quale ha sempre avuto un legame, gli rende omaggio.
La Biennale di Venezia e l’alchimia
Nel 1986 Sigmar Polke vinse il Leone d’Oro durante la 42esima Biennale di Venezia trasformando con una complessa installazione il padiglione della Repubblica Federale di Germania in un vero e proprio laboratorio alchemico. Pareti e pavimenti furono dipinti con colorante di cloruro di cobalto che cambiò colore a seconda dell’umidità nell’atmosfera durante tutta l’esposizione, un cristallo di rocca e un meteorite collocati al centro del padiglione rappresentavano le materie minerali alle quali vengono attribuiti poteri magici ed esoterici contribuendo al fluire delle vibrazioni energetiche, dipinti su tela realizzati con lacche, foglie d’argento, pigmenti puri e alterati con processi fotochimici completavano l’installazione dal titolo Athanor.
La ricerca di Polke è sempre stata mirata all’intridere il presente di alchimia sfidando la materia alla ricerca di un equilibrio tra chimica e arte, trovando un potenza comunicativa che, attraverso la trasmutazione materica e la metamorfosi delle forme, entra in una dimensione politica diventando critica sociale. L’artista utilizzò colori fuori commercio come il verde velenoso o a base di arsenico e riscoprì colori naturali come la porpora l’indaco o il lapislazzulo mescolandoli a resine o smalti arrivando ad una estrema sofisticazione nella gestione delle cotture dei preparati.