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Il Mondo di Andrea

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Quattro chiacchiere con Serena #3

25 Giugno 2019

È martedì! E come voi ben sapete, è tempo di fare quattro chiacchiere con la mia consulente d’arte, Serena Cassissa. Tengo molto a questo nostro appuntamento, per poter condividere con voi la selezione delle opere che vedete nelle puntate di Cambio Casa Cambio Vita! Avrete sicuramente sentito parlare di psicologia tra le pareti. Partendo dal presupposto che una casa dovrebbe raccontare la storia di chi siamo, ed essere una collezione di quello che più amiamo, quando devo pensare all’arredo di uno spazio, cerco di percepire ogni minima sfumatura del carattere del mio committente, e quindi di immedesimarmi in lui, al fine di poter scegliere il design ‘giusto’. Quando si tratta di arte, è un’altra storia ancora, poiché non basta trovare l’equilibrio tra colori e proporzioni, a cui bisogna aggiungere una componente emotiva importante. Per questo mi affido a Serena, che per il quinto e sesto episodio di CCCV, ha collaborato con una galleria specializzata in fotografia, optando per artisti tutti internazionali.
Un unico look per entrambi gli appartamenti? 
Considerato che le due abitazioni sono state progettate con stili totalmente diversi, ho cercato di rispettare l’anima di ogni singolo progetto selezionando artisti molto diversi tra loro sia nel gusto estetico che anche nella resa fotografica: opere intimiste, senza tempo o connotazione ambientale, morbide nei colori e meditative per l’appartamento di Paola, opere più contemporanee con colori accesi e resa fotografica più vicina al mondo del cinema per quello di Simona.
Iniziamo dalla zona living.
Ho pensato a opere con un taglio fortemente cinematografico. L’atmosfera è quella da movie americano degli anni Cinquanta, ricorda la pittura del maestro Edward Hopper.

Chi è l’artista?
Si chiama Julia Fullerton–Batten, proveniente dalla prolifica scuola fotografica tedesca, si è formata a Brema. Oggi vive e lavora a Londra. Dopo cinque anni trascorsi facendo l’assistente di diversi fotografi professionisti, ha riscosso un grande successo grazie alla sua peculiare abiltà di generare set di straordinaria accuratezza.
Mi pare di avere già visto le sue opere durante uno dei miei viaggi…
Sicuramente Andrea! Fullerton‐Batten ha esposto in prestigiose istituzioni in tutto il mondo: alla National Portrait Gallery di Londra, al Musée d’Elysee di Losanna, il Centre Pompidou a Parigi, Museum of Contemporary Art di Shanghai o il Museo Thyssen‐Bornemisza di Madrid. Nel 2015, è anche stata scelta da Campari per il loro Calendario, nel ruolo di direttore creativo.
Divertente la parrucca pink!
Rivoluzionaria direi. Per come riesce a sdrammatizzare lo sguardo malinconico.

Passiamo ora al bagno.
Ho pensato al tema dell’acqua, e quindi a Susanna Majuri. Una fotografa finlandese che lavora con l’acqua da quindici anni. Ora placida e materna, ora increspata e sinistra, l’acqua è il filo inscindibile delle sue complesse composizioni, motivo di accompagnamento e di sfondo del tessuto narrativo delle sue opere fotografiche.
È molto suggestiva, la luce è incredibile.
La Majuri costruisce  scenari misteriosi e atmosfere rarefatte con una fantasia poetica. Nelle scene dai contorni foschi, si mescolano paesaggi e personaggi, l’essenza e l’esistenza, i sentimenti e le paure, il sogno e l’incubo, i colori liquidi e intensi e le pose languide.
Mi chiedo come funzioni la fase preparatoria dello scatto.
Ogni fotografia è curata con grande abilità. Le vedute dei paesaggi, panoramiche stampate su pannelli di pvc, sono impiegati come fondali dei set subacquei, dove fluttuano figure femminili leggere, quasi impalpabili.

E per la camera da letto cosa avevi in mente?
All’argentino Patricio Reig. Da sempre interessato alla sperimentazione di processi fotografici alternativi, ha focalizzato la sua ricerca su tecniche quali il collodio umido, la carta salata o la fotografia stenopeica. Inoltre, Reig ha recentemente elaborato una tecnica personale, che utilizza bitume, caffè o emulsioni sensibili applicati a carte di diverso tipo che attribuiscono all’immagine un aspetto antico e prezioso.
Come descriveresti il suo lavoro?
Il suo lavoro è talmente eterogeneo che è difficile darne una descrizione univoca, ma certamente ruota attorno al tema centrale del tempo e della memoria, ai cicli della vita e della morte e della figura femminile, tra i soggetti protagonisti indiscussi del suo lavoro.
Mi trasmette un senso di nostalgia, con accezione positiva intendo.
Devi sapere che Reig colleziona e utilizza fotografie anonime trovate nei mercatini, per parlare di un passato che appartiene a tutti noi. Davanti alle sue splendide carte lavorate qualcosa tocca le corde intime del nostro animo. Questo senso di memoria narrativa viene poi rinforzato dalla sua calligrafia d’altri tempi che aumenta la forza di questi racconti per immagini.

Per arrivare alla mia opera preferita, quella che hai scelto per la zona pranzo.
È anche la mia preferita! Una fotografia di Chan-Hyo Bae. L’opera è stata posizionata perfettamente allineata con il centro del tavolo in modo che funga da “prolungamento visivo”  e dia equilibrio allo spazio. Il fondo scuro bilancia l’impatto cromatico.
Raccontami di lui…
Bae è un artista sudcoreano. Nato a Busan nel 1975, vive e lavora a Londra. Nella serie “Existing in Costume”, si traveste con costumi d’epoca e fotografa sé stesso come membro femminile di una aristocrazia del XIII/XIX secolo inglese di fantasia. I suoi autoritratti imitano le monarche inglesi e sono un lavoro sull’identità, il potere, la razza e la distinzione di classe. Con la sua arte vuole scardinare i pregiudizi della cultura occidentale verso le altre culture.
Credi che questo suo messaggio derivi in un certo modo dal suo status di ‘immigrato’?
“Il tentativo di diventare “British” è per me come un bambino che cerca di vestirsi come un adulto”, dice Chan-Hyo Bae. E quindi, cerca di diventare “British” proprio come un bambino finge di essere sua madre, vestendo i suoi abiti, usando i suoi cosmetici. Quella di Bae è una forte affermazione di identità, condiviso da chi da immigrato cerca una prova del proprio esistere nel mondo con il tentativo di essere accettato da una cultura che non gli appartiene.